Tiziano mi accoglie calorosamente nel suo bellissimo negozio di Corso Santa Anastasia a Verona, sotto l’insegna, ormai storica, de Il Mercante d’Oriente anche se oggi il nome della sua azienda è ARTEP.
Per gli amanti e i conoscitori della storia di Verona, Corso Santa Anastasia è una di quelle vie che a pronunciarne solo il nome fa “venire i brividi”...
Sì perché da lì, sul suo acciottolato, sulle sue pietre, sulla sua terra battuta è passata tutta ma proprio tutta la storia di Verona. Prima antichissima “pista di caccia” celtica che si apriva attraverso una boscaglia paludosa spazzata dalle inondazioni dell’Adige, poi maestoso Decumano Massimo posto in fregio all’imponente arcaico Tempio Capitolino, infine per secoli asse principale di percorrenza ad unire la marmorea Porta Iovia alla grande basilica dei Domenicani dedicata a Santa Anastasia e a San Pietro Martire.
In Corso Santa Anastasia si sono corsi decine e decine di “bravia” – le “gare alla longa” – con in lizza i destrieri più focosi dei ricchi signori, le corse a piedi riservate ai popolani, le corse dei pazienti “mussi” provenienti dal Clivum e quelle delle prostitute, le “poarine dell’Arena” per una sola notte le “regine” della città in festa.
Anche alcuni vicoli che si trovano nelle vicinanze o certi di quelli che sfociano in Corso Santa Anastasia – seppure “sgraziati” nei loro nomi dialettali dalla “sciocca” italianizzazione di epoca napoleonica – hanno tutti una storia da raccontare, una vita da ricordare: Via Scrimiari, una volta, era la via degli “scriniari” gli artigiani del legno per gli scrigni, le cassapanche, le madie; Via Fogge si chiamava “introl de le foze” dal nome di un calzolaio o da quello di una delle tante botteghe di sarti e acconciatori di vesti che si aprivano sui lati della strada o all’interno del quartiere.
E poi non sarebbe meglio riportare qui nella piazza di Santa Anastasia – dagli anonimi Giardini della Giarina dove ora si trova – la bella statua del grande pittore Paolo Caliari detto “Il Veronese” a lustro e decoro dei tanti visitatori e degli stessi Veronesi?
A Tiziano, cosa che non ho mai fatto con i miei precedenti cortesi “interlocutori”, spiffero il titolo solo in apparenza bizzarro di questa chiacchierata… “IL CREATORE DEL PARADISO SU MISURA”.
Si perché Tiziano è un “maestro artigiano” – anche se nella sua bottega moderna brillano grandi schermi di computer, macchine fotografiche digitali, cataloghi patinati – che sogna, crea, realizza tappeti rigorosamente “su misura”, uno a uno, uno differente dall’altro proprio come fossero “creature”, “quadri” usciti prima dalla mente e poi dalle mani dell’artista.
“A parte le tante discussioni etimologiche sorte nei secoli per spiegare questa per noi oggi semplice parola…”mi dice Tiziano accarezzando un bellissimo tappeto color del mare profondo “è a tutti chiaro come questo rettangolo di tessuto realizzato con vari tipi di fibre naturali assume da sempre una profondissima valenza simbolica: infatti da una parte delimita in modo preciso uno spazio e dall’altra richiama un luogo diverso da quello dove è posto in quel preciso momento…”.
Continua, “Prova a pensare al piccolo tappeto usato dai fedeli mussulmani per le loro cinque preghiere giornaliere… Inginocchiarsi su quel rettangolo di stoffa pesante, non importa se gli tocca farlo in una trafficata e sporca area di sosta dell’autostrada, per loro significa stare in in luogo diverso e vivere un’esperienza diversa… Capisci? E questo vale per tutti i tappeti, i manti, le stuoie… Ti trasportano in un luogo altro, in una vita altra… E’ bellissima questa cosa!”.
Tiziano ha proprio ragione. Non a caso l’”Eden”, il “Paradiso”, il “Giardino delle Delizie”” sono sempre rappresentati come “spazi chiusi”, difesi da alte mura, all’interno dei quali sgorgano sorgenti, vivono fianco a fianco il leone con l’agnello, l’uomo e la donna nudi senza vergogna alcuna.
Una vera e propria “Età dell’oro” che ai nostri occhi sembra oramai irrimediabilmente perduta.
“Ma guarda che esistono…” m’incalza Tiziano “non solo dei bellissimi tappeti di cotone, lino, seta o altre fibre naturali ma anche degli altrettanto straordinari e preziosi tappeti… Fatti con la pietra! Andiamo a vederne uno qui a due passi da noi...”. Varchiamo assieme la soglia della chiesa di Santa Anastasia. Ai nostri piedi si srotola uno stratosferico “tappeto” di lastre levigate e colorate disposte a “cubo” a formare una formidabile illusione ottica come se, contemporaneamente, si scendessero o si salissero i gradini di una scala immaginaria.
“Lo chiamano Tappeto Alchemico…” mi racconta “Perché i tre colori, il bianco, il nero e il rosso – o meglio l’albedo, la nigredo e la rubedo – rappresentano i tre stadi della Grande Opera degli Alchimisti che gradualmente portava alla trasformazione della materia ma anche alla trasformazione e alla sublimazione dello spirito nell’uomo…” Chi l’avrebbe mai detto.
Tornati in “bottega” Tiziano mi racconta ancora un sacco di cose che ne testimoniano non solo la grande professionalità ma soprattutto la profonda passione con cui svolge questo “mestiere” che lui vive più come una “arte” addirittura una “missione”: la missione di creare, portare, aumentare sempre di più la “bellezza”.
L’esperienza dell’impresa che oggi è di Tiziano, inizia con i nonni che negli anni Quaranta e Sessanta rifornivano di tessuti italiani ed esteri – soprattutto lane – alcuni sarti sparsi qua e la per l’Italia.
“Da ragazzino, salivo spesso in macchina con lui e mi ritrovavo stupito ed estasiato a scoprire come la sua macchina profumasse di lana… Alla fine del viaggio anch’io avevo lo stesso profumo!”.
Verrà poi un vero e proprio negozio di vendita di tappeti aperto dallo zio Dino Milan a Bolzano che negli anni settanta lo coinvolge in alcune esposizione a Policoro e a Matera dove Tiziano era un tutt’uno con la “mercanzia”: “Dormivo con i tappeti, vendevo i tappeti, custodivo i tappeti, selezionavo i tappeti, presentavo i tappeti…”.
Arriva così la seconda o terza “vita” legata sempre al commercio dei tappeti questa volta finalmente, a casa a Verona dove apre, a soli 27 anni, la sua prima “bottega” di tappeti e tessili antichi; adesso però a prendere il sopravvento in qualche maniera è la figura del “mercante” rispetto a quella del commerciante. I viaggi in Oriente si moltiplicano e con essi la voglia di fare del proprio lavoro sempre più la propria passione; ancora una volta al “mercante” si aggiunge il “collezionista” di tappetti ovviamente ma assieme a questi il “collezionista” di arte, di cultura, di bellezza.
In città – siamo negli anni Ottanta – sono tempi “frizzanti”, creativi, innovativi, stimolanti…
Nascono i corsi di “tappetologia”, le rassegne antiquarie, la Fiera di “Abitare il Tempo” e al mondo del tappeto e del design in generale si avvicina sempre più una clientela internazionale, colta e interessata composta da architetti, interior designer, collezionisti, arredatori, artisti, “illuminati” privati.
“Oggi…” chiedo a Tiziano “Artep cos’è?”. La risposta e pronta e convinta.
“Artep oggi è un’impresa altamente innovativa perché i nostri tappeti non sono più solo acquistati di qua e di là in giro per il mondo; oggi i tappeti li creiamo noi, li costruiamo noi a partire dal disegno originale creato in arte grafica a computer dai nostri designer fino alla produzione vera e propria del prodotto che facciamo realizzare in oriente da coloro che da millenni custodiscono l’arte del tessere.
Manufatti che rimangono comunque composti da fibre particolari tinte appositamente e da milioni di fili annodati su appositi telai costruiti anch’essi uno ad uno”.
In meno di mezz’ora, dopo che mi è stato mostrato, ho imparato che cos’è e che funzione ha – presso i ricchi signori iraniani – un tappeto così detto da “udienza” o chiamato anche “triclinium”: formato da quelli che sembrano ben quattro teli tutti uniti tra di loro ma che invece sono un unico grande tappeto. Tiziano mi spiega che ne “possiede” uno anche Papa Francesco che però lo “utilizza” non in modo corretto almeno secondo la tradizione orientale.
Ho anche iniziato a conoscere i primi “rudimenti” dei “war rugs” i “tappeti di guerra” afghani che io all’inizio avevo stupidamente scambiato per tappeti realizzati su ingenui disegni di bambini… Interrompo Tiziano.
“E Tiziano oggi chi è?”. Anche in questo caso la risposta non si fa attendere.
“E’ un uomo felice, innamorato del suo lavoro, dell’arte, della cultura, della sua città, della storia dei popoli, del collezionismo, della bellezza…, felice soprattutto di aver trasmesso questi valori e questi interessi ai miei figli Sara e Riccardo, che mi affiancano oggi portandomi nuovi e più contemporanei stimoli”.
Italo Martinelli