Loretta Benedetti
la Dama del "Fontego del Segnoro"

“Un tempo gli operai non erano servi. Lavoravano. Coltivavano un onore, assoluto, come si addice a un onore. La gamba di una sedia doveva essere ben fatta. Era naturale. Era inteso. Non occorreva che fosse ben fatta per il salario, per il padrone, per i clienti del padrone... Doveva essere ben fatta di per sé, in sé, nella sua stessa natura”

Charles Pèguy – L’argent – 1914

Qui furono i lanifici ond’ebbe tanto lustro e potenza il Veronese Comune dal secolo Terzo al Quattordicesimo dell’era volgare.

Così recita la piccola lapide annerita dal tempo che si trova sopra il volto, in elegante stile romanico, che immette a Corte Sgarzerie in pieno centro a Verona lungo Corso Portoni Borsari.

Oltrepassare il volto significa oltrepassare una specie di stargate spazio temporale che ti “precipita” in una dimensione nuova fatta di antico e di moderno ma anche di cura e di bellezza.

Sì, ti “precipita”, perché uno spazio ridottissimo – poche centinaia di metri quadrati impiantati nel cuore di Verona – raccoglie una tale massa di storia e di racconti da rimanere a bocca aperta.

Un palinsesto di storia che solo una città come Verona, così ricca di storia ancora viva, può offrire.

I Romani ne avevano fatto, di questa parte della grande piazza lastricata del Foro, il centro coeso del loro potere; ma soprattutto ne avevano fatto il centro del rapporto con le loro massime divinità – se è vero come è vero – che tutta la società latina fosse “naturaliter” religiosa… All’ombra severa degli enormi simulacri di Giove, Giunone e Minerva – custoditi nel Capitolium cittadino – si svolgeva l’intera vita della stupenda Verona “marmorina” romana.

Poi l’abbandono del sito durante i feroci secoli di ferro con la natura che piano piano, inesorabilmente, prende il sopravvento sulle opere e sui giorni dell’uomo; ma ciò che non muore, germoglia anche sotto la coltre di cenere…

Fontego del segnoro” era un tempo chiamata l’elegante loggia delle Sgarzerie; al piano superiore si immagazzinava, tagliava, timbrava, commerciava, vendeva il famoso “panno pignolato” veronese secondo solo ai pregiati feltri casentini; al di sotto della loggia invece, dove si trovava la grande vasca sempre ricolma di acqua corrente, i teli erano sgarzati, “pignolati”, “scardassati”, purgati, infeltriti sino a renderli perfettamente impermeabili. A vegliare sull’operosità straordinaria di intere antiche famiglie cittadine veronesi è rimasto ancora oggi lo sguardo bonario di San Biagio da Sebaste che, in un lacerto di affresco scolorito, imbraccia il pettine di ferro con il quale venne martirizzato.

Nell’angolo a Oriente di piazza Sgarzerie trovo il negozio di Ceramiche Benedetti.

Anche in questo caso, varcare la soglia dell’ambiente, è come tuffarsi un un mondo sconosciuto.

Ti accoglie un profumo corposo e penetrante di muschio, arancio, trementina… Chissà!

Gli oggetti coloratissimi e lucidissimi, disposti con cura e precisione sul mobilio che arreda il negozio, rendono l’ambiente rutilante, cangiante e credo, volutamente, in un certo modo “sciamanico”.

Sarà per gli ampi sbuffi alle maniche o per l’abito di un intenso glauco senza ombre con il quale è vestita, ma la prima impressione che ho di Loretta è proprio di una dama cortese: la dama del “Fontego del segnoro”! Dopo poche battute di convenevoli scambiati velocemente, mi accorgo che Loretta sorride più con gli occhi che con la bocca. Mentre mi preparo a scrivere le mie impressioni mi sembra di trovarmi immerso in un trafficato bazar orientale o una silenziosa e misteriosa “camera delle meraviglie” tipica degli studioli delle corti rinascimentali… Il negozio è piccolo, dislocato su due piani separati da pochi gradini e da un “patio” a cielo aperto – siamo comunque a metà Febbraio – affollato da piante, sedie, tavolini, candele, brocche, bicchieri, cataloghi, ceramiche, mattonelle…

Tutto nasce da mio padre…” inizia a raccontare Loretta “Si chiamava Gino e di mestiere faceva il pavimentista a Montorio. A quel tempo posava le “marmette” –  semplici pavimenti di quegli anni 60 fatti con scaglie di marmo e cemento – che erano prodotte da una fabbrica del nostro paese”.
Pochi anni dopo per aiutare il fratello Rino, che doveva pavimentare la casa, scende a Fiorano in Emilia e decide di portarsi su qualche partita di ceramica per cominciare a vendere.
“Erano le prime ceramiche, e lui se le fece compagne. Il suo negozio era il garage di casa che tappezzò di campioni in Via Olivè al Ponte Trivelin! Dalla Lessinia iniziarono a scendere le piccole imprese edili per acquistare da lui; erano in pochi ad avere le ceramiche, e così nel ‘72 decide di aprire anche una botteghetta a Velo Veronese per dare un servizio ai muratori e agli abitanti del posto, facendosi voler bene per l’affabilità e per l’amore per il suo mestiere… A Velo rimanemmo fino al 2014”.

E’ orgogliosa della storia di suo padre Loretta e lo fa capire proseguendo il suo racconto particolareggiato. “Più di quarant’anni fa – con dedizione e passione per la bellezza che è un po’ il filo rosso che lega tutta la nostra esperienza – lavorando in vetreria di notte e posando pavimenti di giorno, acquista un fienile ed una stalla in una corte storica a Montorio. Corte Olivè dov’ebbe dimora, pensa, Pietro Alighieri il figlio di Dante Alighieri! Qui mio padre ristruttura la casa per la famiglia – nel frattempo gli viene conferita l’Onorificenza di Cavaliere – e nel fienile ricava una piccola mostra e il magazzino per la rivendita, che poi nel 2002 diventa la grande show room di oggi completa di uffici commerciali”.

Loretta mi parla poi di “Un richiamo”…
Proprio così…” riprende a dire “Il richiamo della città, di questa città che come recita il cartiglio tra le mani della fontana di Madonna Verona è amante della lode e della bellezza! Sai quante volte rimango immobile a guardare fuori dalla vetrina del negozio quanta bellezza si trova qui in Corte Sgarzerie proprio sull’uscio di casa… Della mia casa!

La casa, la famiglia, la custodia… Tornano spesso questi concetti nel breve tempo in cui stiamo assieme. “Si certo…” prosegue Loretta “La famiglia è un valore insostituibile, forte, inamovibile. Le
Ceramiche Benedetti sono una famiglia… Claudio mio fratello, i miei figli Daniele e Gianni ma sono anche la mia “famiglia” i diversi collaboratori – tra tutti Giulia la nostra interior design – che collabora con noi da tanti anni, i nostri artigiani che come noi amano profondamente quanto realizzano”.
Non si ferma. “La casa, per me, è il prolungamento della famiglia… Noi facciamo di tutto per fornire al nostro cliente un’idea di casa proponendo il meglio della ceramica artistica e artigianale – a cui aggiungiamo i legni, i cotti, le pietre – facendo continua ricerca nei luoghi di eccellenza e di produzione di questi complementi d’arredo che in realtà poi diventano la vera anima della casa… Qui è rappresentata tutta l’Italia: la Toscana, il Veneto, la Campania, la Sicilia, la Sardegna…”

E poi la custodia… “Custodire è per me un gesto eroico! Custodire significa prima di tutto prendersi cura di tutto ciò che è bello e di ciò che fa bella la vita… Custodire vuol dire mettere in risalto il lavoro e la passione con cui l’artigiano svolge il suo lavoro in un contesto piatto e uniformante come è oggi il mercato… Qualsiasi tipo di mercato. Custodire per me significa avere un approccio amichevole, caloroso, accompagnatorio per il cliente che varca la porta del negozio… Soprattutto se viene da lontano, dall’estero, dal mondo intero. Sai quanti complimenti, ringraziamenti, attestati di stima riceviamo dalle persone che hanno fatto acquisti qui da noi e che si sono visti recapitare a casa gli oggetti comperati ben confezionati, con un piccolo cadeaux gratuito, una frase di gentilezza e di omaggio nei loro confronti… Lo stile, il modo con cui si fanno le cose sono tutto… Nel lavoro come nella vita…”.

Benvenuti…” penso tra me e me ripassando sotto l’arco romanico di accesso alle Sgarzerie “Al Fontego del segnoro…” O meglio al “Fontego di dama Loretta!”.

 

Italo Martinelli